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  • Immagine del redattoreAlessandro Pizzo

Spoiler alert: Barbie non è semplicemente un film femminista

Aggiornamento: 2 ago 2023

Se star dietro a tutte le polemiche fosse un lavoro, avrei un vitalizio garantito. Mannaggia.


Il nuovo film Barbie sta suscitando centinaia di polemiche (in stragrande maggioranza provenienti dagli uomini, vedi un po'...).


La critica principale è che il film sia fortemente misandrico, con un gigante messaggio sottostante di femminismo tossico, dove tutti gli uomini sono immondizia in un mondo nel quale lo scenario positivo e ideale è invece quello di Barbieland, dove Barbie «può essere tutto ciò che vuole» e i maschi sono relegati ai margini della società poiché un uomo «[...] è solo Ken.»


E già qua mi innervosisco.


Quello che emerge dal film, secondo me abbastanza nitidamente, è che sia un mondo dove prevale il patriarcato ("Mondo Reale") sia quello del matriarcato ("Barbieland") non funzionano, sono sbagliati, hanno decine di implicazioni negative e disuguaglianze inaccettabili.


Impossibile, ad esempio, non empatizzare con il Ken che non sa dove trascorrere la notte, che non è mai coinvolto nelle serate "solo donne", che non esiste e non è nulla da solo se non in funzione della sua Barbie. Nella locandina del film, così come in molte scene (es: quando vengono arrestati) non c'è mai Ken, c'è "e Ken", perché si tratta soltanto di una figura subalterna alla Barbie.

Nella canzone "I'm just Ken" (forse la cosa più bella del film?) è lo stesso co-protagonista a lamentare che gli piacerebbe che un giorno Barbie possa vedere «[...] l'uomo che c'è dietro la sua abbronzatura.»


Bene: in NESSUNISSIMA parte di questo film emerge che questa sarebbe una società accettabile o da auspicare. MAI passa il messaggio che ciò che vediamo in Barbieland sia giusto. Tutt'altro!


Sul finale viene ristabilito il matriarcato a Barbieland, grazie ad un piano di distrazione di massa ordito dalle Barbie che però - in effetti - in gran parte della sua realizzazione fallisce: l'obiettivo di agitare la guerra tra i Ken e metterli gli uni contro gli altri non va a buon fine, gli uomini si compattano ed insieme sono più uniti e più forti di prima.

"Semplicemente", mentre i Ken sono distratti ed impegnati a discutere della propria condizione, le Barbie reimpostano il proprio dominio, e gli uomini - ci dice la narratrice - potranno iniziare ad accedere a quei diritti che oggi hanno le donne nel Mondo Reale.


La stessa Barbie Stereotipo - la protagonista - alla riuscita del piano di non far votare i Ken non si mostra particolarmente entusiasta e contenta, ed al contrario è imbarazzata, resta titubante in un angolo, non partecipa ai festeggiamenti.


Nel finale, Barbie Stereotipo non si riconosce più in Barbieland, e chiede (e ottiene) di diventare addirittura umana, atterrando in quel Mondo Reale che l'ha inizialmente vista solo come un pezzo di carne, dove ha sperimentato la disparità di trattamento da vittima e non più da carnefice, ma dove ambisce provare emozioni autentiche ed esperienze non più eternamente gioiose e fittizie ma sensazioni pure, dolorose se è il caso, ma di enorme valore poiché mortali.


Il finale del film - melenso forse, in pieno stile Avengers, e in generale già sentito in altre opere dove alieni/robot/intelligenze esterne vogliono distruggere l'umanità ma poi magicamente vengono sconfitti - ci dice che il valore di essere umani è al di sopra di tutto.

L'umanità, con le sue contraddizioni, è comunque l'ambizione massima.

La vita reale, seppure imperfetta, merita di essere vissuta.


Sipario.


EH MA IL MESSAGGIO?!?


Innanzitutto ricordiamoci che si tratta pur sempre di un film, un'opera di intrattenimento, non per forza coerente e perfetta, dove creatività e marketing ci sta che debbano farla da padroni rispetto al significato sociale/culturale che gli vorremmo attribuire da spettatori: insomma è solo un film, non un discorso della Presidentessa del Consiglio.


Detto ciò, a me è sembrata abbastanza evidente l'intenzione di raccontare per contraddizioni il mondo nel quale siamo stati cresciuti e che viviamo.


Barbie è un film rivolto ai privilegiati, ed è esso stesso uno schiaffo ai privilegi. Rappresenta bene - utilizzando il banalissimo concetto matematico della dimostrazione per assurdo - come viene percepita e vissuta la società da parte di mezza fetta di popolazione.


E non c'è niente di femminista nel «ridurre l'androsfera ai minimi termini, renderla appendice sterile e improduttiva di un ginoverse accentratore e del tutto autosufficiente.».

Non c'è niente di femminista nell'affermare che «un mondo dominato da sole donne sarebbe indubbiamente migliore.»

«Io tutto ciò lo chiamo "dissonanza cognitiva"» leggo tra i miei contatti, e direi che sono al 100% d'accordo.

Ed il punto è proprio tutto qua: il Mondo Reale, dove cresciamo studiamo lavoriamo mangiamo viviamo, è precisamente questa roba qui però a sessi invertiti.


Certamente nel 2023 abbiamo ormai iniziato ad accorgerci che in effetti il patriarcato non sia 'sto Carnevale di Rio per gli uomini: il machismo crea ripercussioni non indifferenti, le aspettative costruite non sono tutte rose e fiori per i maschietti, e potrei continuare all'infinito probabilmente.

Non è tutto privilegi insomma, ma è in maggioranza privilegi.


Negare che io, maschietto bianco etero cis, parta da una situazione di vantaggio rispetto a chi salta anche solo una di quelle 4 caratteristiche significherebbe negare che l'acqua è bagnata, che il sole è caldo, che il fuoco brucia.

Poi certamente ci sono decine di implicazioni negative - e ci mancherebbe altro, visto il sistema assolutamente irrazionale e sgrammaticato che è stato messo in piedi - ma se i vantaggi per noi non fossero in maggioranza, come avrebbe fatto a permanere indisturbato così per millenni?


Un film come Barbie - similmente a quanto avvenuto ad esempio con Don't Look Up - ha bisogno di portare il messaggio urlato che questa gestione della quotidianità è insostenibile, sbilanciata, scorretta, inaccettabile. Proprio come lo sarebbe il suo opposto.


E lo so che forse questo messaggio è banale. So che probabilmente l'intenzione principale del film fosse una straordinaria operazione di marketing per rilanciare un po' di product placement di bamboline e Birkenstock, fare cassa e passare alla prossima.

So che ci aspettavamo da Barbie una soluzione al problema, o qualcosa di più rivoluzionario, coerente, puntuale, preciso e non un covo di banalità scontate e già sentite.


Seppur banale, però, nessun messaggio giusto secondo me sarà mai di troppo: ricordiamoci che viviamo in una Nazione dove una donna ha preteso di farsi chiamare Il Signor Presidente del Consiglio.





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